Rileggendo l'ultimo post (quello che postula l'esistenza dell'anentropia) mi sono reso conto che non è facile separare la negentropia, fenomeno fisico, calcolabile, non umanistico, dall'anentropia, fenomeno indistinguibile dal primo per quanto riguarda gli effetti sul sistema, ma legato in qualche modo alla sensibilità dell'uomo, forza creatrice.
Perchè ho l'esigenza di distinguere le azioni fatte dagli uomini tese a contrastare l'entropia da qualsiasi fatto o azione che abbassa l'entropia ma che non parte da un'azione umana consapevole?
Evidentemente il ragionamento parte proprio dalla consapevolezza che può essere solo umana...Le azioni anentropiche sono fatte dagli uomini consapevoli e sortiscono un effetto di modifica e/o trasformazione del mondo verso una direzione opposta a quella che esige il secondo principio della termodinamica: il disfacimento del sistema.
Il fatto è che io credo (o voglio credere) che le azioni anentropiche non solo possono rallentare la degradazione del sistema riconducendolo a stati più composti e articolati, ma possono anche servire a chi le compie (i consapevoli appunto) facendoli sentire vivi e utili...
Forse è un po troppo considerare questa una forza creatrice, ma condurre il sistema controcorrente verso un suo stadio composto e articolato è un pò quello che normalmente succede nella anabolica fase della creazione.
Magari non è così e le azioni anentropiche sono solo delle azioni che fanno aumentare la negentropia rallentando il sistema nella sua evoluzione verso il disfacimento, ma il fatto stesso che sono frutto di una scelta consapevole dell'uomo gli conferiscono un valore aggiunto.
mercoledì 14 novembre 2012
martedì 26 giugno 2012
La negentropia e l'anentropia
Dalle organizzazioni biologiche a quelle politico-economiche; tutto è riconducibile a sistemi che obbediscono in modo assoluto al secondo principio della termodinamica. Questo è risaputo! Fior di scienziati hanno dissertato su questo! Quello che mi interessa da un po’ di tempo a questa parte non è la dura legge del sistema ma ciò che può discendere dalla consapevolezza che qualcuno ("i consapevoli") può avere di tale legge e dalla eventuale messa in atto di una serie di azioni tese a contrastare l'entropia.
Una serie di interrogativi a questo punto prendono corpo:
Una serie di interrogativi a questo punto prendono corpo:
- i consapevoli, con azioni tese a contrastare l'entropia, anche se non possono certo annullare il "principio" di cui sopra, possono mitigarne gli effetti? In altre parole esistono azioni che possono contrastare la tendenza del sistema?
- e se ciò avviene cosa succede al sistema? Esso evolverà lo stesso verso la propria dissoluzione in quanto le azioni dei consapevoli serviranno solo a ritardarne la fine?
- può esserci un altro utile per i consapevoli o per loro sarà stato solo un esercizio di libero arbitrio?
- le azioni che contrastano l’evoluzione del sistema verso il disordine sono solo azioni che determinano un’entropia negativa, un aumento della cosiddetta negentropia e danno solo la misura di quanto non aumenta l'entropia stessa?
- esse sono espressione della negentropia cioè di un'entropia di segno opposto o hanno una loro "dignità caratteriale"? Se così fosse sarebbe meglio cambiarle il nome e chiamarla “anentropia” cioè forza cosmica che contrasta l’entropia e che è in mano all’uomo!
L'anentropia, in questo caso, sarebbe una forza creatrice in quanto essa pur contrastando l'entropia nella fase catabolica del sistema lo condurrebbe verso stadi più organizzati come succede nella normale evoluzione della fase anabolica.
Anche se dal punto di vista energetico il significato non cambia, da quello squisitamente psicologico e umanistico sarebbe totalmente diverso.
Qualcuno ha detto che l’universo ad oggi soffre nelle doglie della sua stessa nascita! Come a dire che l’azione creatrice, lontano dall’essere esaurita, è ancora in atto. Ebbene l'uomo che contrasta l'entropia e la dura legge del secondo principio della termodinamica ha in qualche modo in mano la possibilità di continuare l'azione creatrice.
mercoledì 20 giugno 2012
I presupposti
In un sistema chiuso il disordine è destinato a crescere. Il
mondo tutto è un sistema chiuso che contiene tanti altri sistemi a loro volta
formati da altri sistemi come nelle scatole cinesi. In ognuna di queste
scatole-sistema l’organizzazione e l’ordine crescono fino al raggiungimento di
un massimo e successivamente, intervenendo una fase catabolica, si va incontro ad un più o meno lento
disfacimento.
In ogni sistema chiuso l’energia è tutto; l’energia si fa
organizzazione, forma, bellezza, efficienza; è il fattore che fa crescere il
sistema stesso. Il sistema si evolve e raggiunge l’acme grazie a questa
energia; più è grande la quantità di energia più grande e complesso diventa il
sistema; esso addirittura riesce a generare altri sistemi (che obbediscono alle
medesime leggi).
Più complicato e grande è il sistema, maggiore è l’energia
richiesta per mantenerlo. Ed è proprio la mancanza di energia che determina il passaggio alla
fase catabolica del sistema; quando cioè manca l’energia il sistema entra in confusione
e il disordine comincia a crescere (entropia) fino a quando esso diventa
massimo e il sistema stesso muore.. Dal massimo disordine nasce un nuovo
sistema che si organizza e si complessifica utilizzando l’energia residua del
sistema “morto”.
A questo punto se
l’energia del vecchio sistema si trasferisse al 100% nel nuovo sistema questo
sarebbe come il primo sistema; sfortunatamente in ogni sistema chiuso l’energia
ivi contenuta si degrada in calore, un tipo di energia non più ritrasformabile al 100% nei tipi
originari di energia. Questo fatto è molto importante in quanto postula che nel
tempo l’energia totale del sistema primario si va esaurendo… e l’esaurimento
dell’energia coincide con la morte totale del sistema.
Da questo discende pure il fatto che il sistema si muove in
una determinata direzione: va da A a B e mai da B ad A… E questo determina la
direzione, la irreversibilità e la ineluttabilità del processo.
E’ questo il secondo principio della termodinamica applicato
ai sistemi.
martedì 19 giugno 2012
Ad un certo punto
Ad un certo punto della vita accade. E ti ritrovi, a cinquant’anni suonati, che il mondo là fuori ti appare complicato, confuso, a tratti minaccioso; è allora che ti accorgi che anche il tuo mondo interiore, isomorficamente, ti diventa complicato e difficile. Provi allora a leggerlo e decodificarlo confrontandolo con le certezze che da sempre ti hanno accompagnato, quelle che sin dalla giovinezza si sono dimostrate assolute e vere, ma ti accorgi che qualcosa non torna.
La confusione si impadronisce del tuo mondo! Le tue idee e le tue ideologie si rivelano castelli di carta, se provi ad analizzarle con nuovi strumenti messi a disposizione dalla tua esperienza si rivelano oltremodo falsificabili ed in definitiva fallaci. Tu non ti puoi rassegnare. Pensi che la coerenza sia tutto e cerchi un altro modo per far quadrare il cerchio! E da questo punto ricominci in modo ossessivo a trovare soluzioni che si rivelano sempre insoddisfacenti. La tua logica non è più quella di una volta, la tua capacità cognitiva è deficitaria: è lo scotto che devi pagare alla maturità, all’invecchiamento.
La sensazione che hai è quella che la soluzione c’è, esiste, solo che non è facile da trovare; e ti ritrovi a giocare con le idee e i concetti come quando hai in mano il cubo di Rubik e fai i tentativi di ricomporlo con le facce dello stesso colore; quelli in gamba lo ricompongono in poche mosse e speri che anche con le tue idee ciò possa avvenire. Una soluzione in poche mosse! Salvo poi accorgerti che per poco non ci sei riuscito e per aggiustare quell’ultimo tassello ti ritrovi con le sei facce arlecchino. Sei al punto di partenza.
A questo punto non sei sicuro di niente, e pensi che vuoi “trovare un senso in ciò che un senso non ce l’ha”.
Poi provi a dirti che l’importante è avere la tensione giusta, non mollare, non demoralizzarsi e tentare di ricomporre e dare un senso a tutto. E se non hai gli strumenti cognitivi c’è sempre la fortuna, la serendipity.
Poi provi a dirti che l’importante è avere la tensione giusta, non mollare, non demoralizzarsi e tentare di ricomporre e dare un senso a tutto. E se non hai gli strumenti cognitivi c’è sempre la fortuna, la serendipity.
Il tuo punto di partenza è la confusione, il disordine; di questo sei abbastanza certo. Pensi che nella parabola della vita c’è una fase discendente che si accompagna al disordine. E’ abbastanza normale che dopo una fase anabolica ci sia quella catabolica; in quella anabolica si cresce, si raggiungono le forme e gli stadi perfetti; le cose si organizzano; in quella catabolica, al contrario, accade che le cose si disgregano, si allontanano dalla forma perfetta e vivono nel disordine.
Ad un certo punto nella vita c’è quindi il disordine e da quel punto preciso inizia il tentativo disperato (?) di combatterlo. E’ un’opera titanica, spesso destinata al fallimento, ma è quella che da il senso a quella parte della nostra vita.
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